Una lezione dal Super Tuesday: le elezioni non si comprano

Lo scorso 3 marzo, gli elettori di quattordici Stati (e delle Samoa Americane) si sono recati alle urne in occasione del Super Tuesday, fondamentale tappa elettorale delle primarie Democratiche, all’esito delle quali scopriremo chi sfiderà il Presidente uscente Donald Trump nelle Presidenziali del prossimo novembre.

Il bottino era da acquolina in bocca: in palio c’erano oltre 1300 delegati, circa un terzo dei 3979 totali; ricordo che a sfidare Trump sarà chi, al termine della lunga stagione delle Primarie, avrà superato quota 1990 delegati (i delegati, che vengono attribuiti ai candidati sulla base dei voti ricevuti, votano il candidato che rappresentano nel corso della Convention di Milwaukee, dove lo sfidante Democratico di Trump riceverà l’investitura ufficiale).

La situazione pre-Super Tuesday, in termini di delegati, era la seguente:

  • Bernie Sanders: 60
  • Joe Biden: 54
  • Pete Buttigieg: 26 (RITIRATO)
  • Elizabeth Warren: 8
  • Amy Klobuchar: 7 (RITIRATA)
  • Michael Bloomberg: 0

Come è andata?

La notte del Super Tuesday, inutile negarlo, ha sorpreso un po’ tutti: Bernie Sanders, fino a quel momento considerato il front-runner Democratico, si è visto superare, in termini di delegati conquistati, da Joe Biden, rinvigorito negli ultimi giorni da tre endorsement di peso, quelli degli ex candidati centristi Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Beto O’ Rourke.

Se è vero, da una parte, che Biden è andato meglio del previsto e Sanders peggio — la sua serata non può comunque considerarsi del tutto negativa, avendo vinto in California, il piatto più appetitoso del menu — è altrettanto vero, dall’altra, che proporre un’analisi approfondita dei risultati del Super Martedì sarebbe, ora come ora, impossibile (i risultati di alcuni Stati — tra i quali figura anche la California — non sono ancora definitivi).

Di cosa parlare, dunque, nell’attesa che la polvere si depositi al suolo?

Il grande sconfitto della serata: Michael Bloomberg

Come accennato in precedenza, tre ex candidati alle primarie Democratiche — Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Beto O’ Rourke — hanno dato il proprio sostegno a Joe Biden. Non sono però i soli nomi di peso ad aver già abbandonato il campo di battaglia; prima di loro, infatti, hanno gettato la spugna l’autrice di best-seller Marianne Williamson (che ora appoggia la candidatura di Bernie Sanders) e il miliardario Tom Steyer.

La schiera degli ex candidati si è arricchita, all’indomani del Super Tuesday, di un secondo miliardario, di cui ho già parlato in un precedente articolo: Michael Bloomberg.

Breve resoconto di una imbarazzante notte elettorale

Dopo aver disertato, per ragioni meramente strategiche (fa sorridere, dal momento che siamo qui a parlare del suo ritiro), gli appuntamenti elettorali nei primi Stati al voto — Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina — l’ex sindaco di New York City si è presentato agli elettori del Super Tuesday forte dei 505 milioni di dollari (avete letto bene) spesi in spot elettorali nel corso della sua breve e infruttuosa avventura elettorale.

Immagino vi starete domandando: ma è andato così male? Insomma, se ha deciso di gettare la spugna dopo aver speso interamente di tasca propria quasi mezzo miliardo di dollari, significa che il suo Super Martedì è stato un vero e proprio incubo, no?

Mettiamola così: Bloomberg ha letteralmente trionfato nei caucus delle Samoa Americane (cosa sono i caucus? Ne parlo qui), portandosi a casa la bellezza di quattro delegati.

Fine, questa è stata la sua notte elettorale.

Ora, le Samoa Americane hanno un prodotto interno lordo pari a 658 milioni di dollari (fonte: Banca Mondiale); considerando che Bloomberg non ha fatto registrare altre vittorie, si potrebbe concludere che l’ex sindaco della Grande Mela, per riuscire a vincere un evento elettorale in queste primarie abbia dovuto spendere una somma di poco inferiore alla ricchezza prodotta in un anno dall’intero Territorio che ha conquistato: un grande investimento, non c’è che dire.

per approfondire

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Pubblicato da Erich Fratter

Sono laureato a pieni voti in Scienze dei servizi giuridici e con lode in Relazioni internazionali, un corso di laurea magistrale incentrato sui diritti umani, sulla cooperazione internazionale, e sui processi sociali trans-nazionali. Il 12 settembre 2022, nel corso di una cerimonia ufficiale a Roma presso la Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, ho ricevuto il Premio America Giovani al talento universitario, un riconoscimento per i giovani neolaureati meritevoli delle università italiane promosso da Fondazione Italia USA.

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